Valentina Petrini: ho compreso l’importanza del tempo

Valentina Petrini. Foto di Maurizio Greco

Valentina Petrini: ho compreso l’importanza del tempo

Intervista alla giornalista televisiva Valentina Petrini, che ci racconta del suo nuovo spettacolo di teatro civile.

Valentina Petrini, abile giornalista e conduttrice, pronta a parlarci dello spettacolo su Sibilla Barbieri, da lei realizzato, “La valigia della libertà. Chi decide sui nostri corpi?”, un testo di teatro civile, in scena per sensibilizzare…

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Valentina Petrini. In teatro con “La valigia della libertà. Chi decide sui nostri corpi?”, un testo di Teatro civile che narra gli ultimi tre mesi di vita di Sibilla Barbieri. Cosa puoi dirci a riguardo?
“Chi decide sui nostri corpi” è un testo di Teatro Civile messo in scena con le musiche originali di Pasquale Filastò e la regia di Norma Martelli. Nel 2023 sono stata contattata da Sibilla Barbieri, sceneggiatrice, produttrice, mamma di Vittorio e Ella. Aveva da poco ricevuto la diagnosi di fine vita. Dopo 10 lunghi anni di terapie Oncologiche purtroppo non c’era più niente da fare. In quel momento lei ha deciso che voleva staccare la spina, prima dell’ultima agonia. In Italia però non è prassi poter decidere in autonomia sui propri corpi, della propria vita. Così abbiamo deciso di documentare insieme la sua battaglia. È nato prima un podcast, “Disobbedisco – Sibilla Barbieri, l’ultimo viaggio per la libertà”, prodotto da GEDI Onepodcast e disponibile su tutte le piattaforme audio. Ho racconto come in un diario le novanta giornate di lotta di Sibilla per vedersi riconosciuto il diritto di libera scelta. Nel podcast racconto la sua ‘battaglia’ passo dopo passo, per il rispetto della libertà individuale, fino alla fine.

Un testo di teatro civile, tutto raccontato al presente, che ha in sé l’ambizione di voler trasmettere al pubblico la voglia di partecipare e di interrogarsi sulla disobbedienza civile come strumento di riconoscimento dei nostri diritti.
La domanda che deve muoverci è: “Siamo liberi fino alla fine, lo siamo veramente?”. Molto spesso la risposta la scopriamo solo nei momenti di difficoltà, solo quando un dolore, un problema, un’emergenza, ci piomba addosso senza preavviso. E allora scopriamo che non siamo liberi per niente, non fino alla fine e nemmeno dalla nascita. Siamo vittime di una morale di Stato che ci detta le regole fondamentali.

Quali sensazioni sono legate alle tavole del palcoscenico, alla possibilità di poter portare un tuo progetto ‘in scena’?
Per me è la prima volta come autrice e ideatrice e interprete di un testo teatrale. È una grande emozione. Una grande opportunità di fare informazione attraverso un linguaggio per me nuovo. Non sono attrice, quindi lungi da me il voler occupare una professione così illustre. Nasco cronista, mi sono fatta le ossa sul campo, lavorando con maestri del calibro di Formigli, Santoro e non solo. Per la tv ho anche realizzato miei format come per esempio “Fake – La fabbrica delle notizie”; ho condotto in prima serata “Nemo – Nessuno escluso”, ma il teatro giunge in una fase della mia carriera in cui ho sentito il bisogno di dedicarmi alla complessità e il Teatro ha il pregio di non avere tempi imposti. A Teatro posso provare a mettere in scena questa complessità. Il tutto con l’intenzione di portare in risalto temi legati alla contemporaneità. Quando si incontrano storie come quella di Sibilla Barbieri non c’è mediazione possibile. Il talk non è per me il format giusto per trattarlo.

Televisione o teatro, quale linguaggio scegliere per Valentina Petrini?
Non voglio scegliere, sono due linguaggi differenti. Non sputo nel piatto in cui ho mangiato per tanti anni. Certo oggi la tv non mi appaga. Non trovo la possibilità di essere me stessa completamente e realizzare le mie idee. Quindi è giusto che io mi diriga altrove, senza però dimenticare da dove vengo. Credo sia importante scegliere cosa raccontare e come farlo. Soprattutto quando si cresce e si matura uno spessore professionale. Dobbiamo metterci in gioco e creare cose nuove, non possiamo accontentarci solo di prendere ordini. Dobbiamo farlo con rispetto per noi e verso chi ci affida con fiducia la propria storia.

Un invito da rivolgere affinché questo spettacolo sia seguito?
È di certo uno spettacolo difficile da scegliere di venire a vedere, ma coloro che l’hanno fatto mi hanno raccontato, dopo, di essere usciti felici, consapevoli e arricchiti. L’arte ha il dovere di affondare le mani nel dolore.

Anticipazioni legate al tuo futuro artistico?
Nel 2025 porteremo in giro per l’Italia “La valigia della libertà. Chi decide sui nostri corpi”. Non solo a teatro. Stiamo lavorando per coinvolgere le amministrazioni pubbliche e per portare anche in Parlamento il testo. Per il resto non sono in grado di anticipare altro sul mio futuro lavorativo. Dal 2020, l’anno in cui è nato mio figlio, è cambiato tutto per me. Sono una cronista consapevole del ruolo dell’informazione. Sento l’esigenza di fare sempre cose nuove, di non sedermi. E soprattutto di non continuare a farmi trattare come se fossi troppo giovane per ruoli decisionali. Solo in Italia a 45 anni si fa ancora la gavetta. E poi grazie a mio figlio ho capito l’importanza del tempo e di viverlo intensamente. Non voglio che nessun datore pretenda la mia disponibilità H24, in cambio di cosa poi? Scelgo io. Certo, non è facile. Ma per ora resisto.

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