Raffaele Buranelli
Raffaele Buranelli

Raffaele Buranelli e il Premio Internazionale Donnafugata 2024 al RAAI

Un nuovo ospite, e futuro premiato, del Premio Internazionale Donnafugata, Raffaele Buranelli, attore, produttore e da quattro anni presidente dell’Ass. Registro Attrici e Attori Italiani, RAAI.

Un incontro piacevole quello avuto con Buranelli, pronto a parlarci del Registro ed anche del suo percorso artistico.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Raffaele Buranelli. Il Premio Internazionale Donnafugata ti vedrà tra i suoi ospiti, a Palma di Montechiaro, il 7 settembre. A tal proposito volevo chiederti cosa ti lega alla Sicilia e quali emozioni ti regala la possibilità di ricevere un premio che ‘tocca’ te e tanti altri artisti?
Sono molto legato alla Sicilia per via delle mie origini. E sono molto lieto di ritirare in un luogo così bello il premio all’attività di questi primi quattro anni del Registro Attrici Attori Italiani, che la sensibilità del neo direttore artistico del Premio Peppe Zarbo, insieme a quella del fondatore Francesco Bellia, hanno voluto riconoscere. Quattro anni fa, durante il lockdown è emerso quanto fosse necessario riconoscere giuridicamente la professione di attrice e attore. Il Governo, infatti, non sapeva individuare i professionisti a cui indirizzare i sussidi d’emergenza e in migliaia restarono esclusi. I professionisti più noti li conoscono tutti ma, scendendo, non esisteva una linea di demarcazione, dei parametri che distinguessero la professionalità dall’occasionalità o dall’amatorialità. Dopo poche settimane ottenemmo già una proposta di legge, divenuta poi legge nel 2022, ma oggi ancora in attesa di decreti attuativi.

Quali ‘lotte’ sono state attuate, poi in seguito ottenute, per concretizzare tutto ciò all’epoca?
Dopo la prima, sono arrivate altre due proposte di legge sulle nostre istanze. Confluite con altre nella legge delega 106/2022 che ha istituito ad esempio l’indennità di discontinuità e i registri di tutte le professioni dello spettacolo, come sollecitavamo dall’inizio. I Registri professionali sono necessari perché misure di sostegno come disoccupazione, maternità o indennità di discontinuità sono legate a minimi di giornate lavorative svolte in periodi determinati, ma la giornata contributiva nel nostro lavoro è un indicatore parziale, non esaustivo di un’attività atipica, che ad esempio richiede molto lavoro di necessaria preparazione fuori dal set, che ad oggi non viene riconosciuto. Il percorso è ancora lungo. La difficoltà maggiore risiede nel far comprendere a Istituzioni e sindacati cos’è e come si svolge realmente la professione dell’attore.

Raffaele, sei attore, regista, produttore. Cosa non sei ancora riuscito a realizzare nel tuo percorso artistico?
Moltissimo (ride). Da regista ho realizzato solo alcuni cortometraggi e un documentario. Mi piacerebbe molto girare un lungo, che ho già scritto. Del ruolo di produttore mi stimola molto il far accadere le cose, mettere chi stimo particolarmente in condizione di esprimere il proprio talento. Il talento vero, profondo, mi ha sempre emozionato. Anzi: commosso. Per lo stesso motivo sento una spinta morale nel far conoscere e riconoscere la peculiarità e l’alto valore, artistico ma anche sociale, del mestiere dell’interprete, un mestiere per il quale in Italia, per diverse ragioni si è perso molto il rispetto.

Che bilancio ne fai, dunque, di questo tuo percorso artistico?
Sono contento perché ho avuto la possibilità di sperimentare molte forme espressive e linguaggi del mondo dello spettacolo. Ho fatto teatro, radio, cinema, televisione, lunga serialità, soap opera, sit-com… e ognuna di queste contribuisce a formare il tuo bagaglio.

Il modo di fare televisione, cinema, teatro è davvero cambiato?
È cambiato! Un tempo c’era molta più cultura del lavoro e maggiore rispetto per ciò che si stava facendo. Da tutti i punti di vista. Il cinema è un’arte importantissima, uno strumento espressivo fondamentale, in cui convergono molte arti e che offre la possibilità di raggiungere ampie platee. Diciamo che oggi, in Italia, si è abbastanza abbandonata la sua funzione anche di riflessione e di analisi del mondo reale. I prodotti e i temi sono spesso standardizzati e si racconta poco il presente. È un cinema, con le dovute eccezioni naturalmente, che mediamente ha perso la capacità e la volontà di stimolare pensiero.

Da qualche tempo sei papà di una ragazza, quali valori cerchi di trasmetterle?
Cerco di trasmetterle quanto sia importante essere leali verso gli altri ma ancor di più verso se stessi, guardandosi dentro. Cerco di trasmetterle che non ci sono dei sogni irraggiungibili, anzi: che più sembrano lontani e più sono giusti. Che per raggiungerli bisogna impegnarsi e lavorare, ma che soprattutto bisogna sempre apprezzare ciò che si ha e il punto in cui ci si trova. Mi ritengo fortunato, perché a mia figlia le passioni non mancano di certo, anzi, e si impegna molto per perseguirle tutte.

Guardando al tuo futuro, cosa puoi anticiparci Raffaele Buranelli?
Ho molti progetti in ballo, situazioni differenti a cui sto lavorando, pronto a parlarvene non appena possibile.

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