gravity

Gravity, la recensione

Mai nell’intervallo di un film, mentre si è in sala, mi è capitato di rimanere senza parole e allo stesso tempo avere in testa migliaia di concetti, riflessioni e conclusioni da dare alla pellicola visionata in quel momento. Questo penso sia il caso in cui quest’avvenimento risulta essere pienamente giustificato. Il caso di quel capolavoro che è Gravity.

Gravity

Il nuovo film di Alfonso Cuaròn, fuori dalle scene dal 2006 (“I figli degli uomini”) è un’opera spaventosamente disarmante che spruzza potenza da tutti i pori.

Con 80 milioni di budget, a differenza dei 150, 200, 250 di altri prodotti, ha realizzato non solo il blockbuster dell’anno, ma proprio il miglior film dell’anno.

Cuaròn dirige in maniera accurata e perfetta senza mai provocare sbavature durante il suo cammino: il film si apre con il più lungo, interminabile, divino e mai fastidioso piano sequenza che abbia visto; a occhio e croce si sarà trattato di una ventina di minuti ma, credetevi quando vi dico che sono stati troppo pochi. Egli utilizza diversi piani sequenza nel film, infatti gli intervalli di montaggio sono pochi e quasi invisibili. Il regista viaggia da una parte all’altra dell’universo senza mai distaccarsi dal momento, provocando nello spettatore un puro senso d’immedesimazione visiva ed emotiva; non commette passi falsi, spostandosi dalla Bullock a Clooney in maniera coordinata e mai superflua, senza fare passi falsi, quasi come una coreografia, come un ballo in cui Cuaròn danza come un bambino.

Come se tutto ciò non bastasse, la CGI è di una perfezione visiva inimmaginabile, talmente precisa da sembrare costantemente vera; tutto sembra reale ed è grazie a quest’elemento che nello spettatore arriva la tensione e l’immedesimazione massima. La telecamera sembra quasi fluttuare nello spazio senza una meta ben precisa, proprio come il destino dei protagonisti della storia; quest’ultimi vengono caratterizzati in maniera realistica, piena di tensione e terrore dove il batticuore è costante per l’ora e mezza di durata.

E’ da apprezzare la semplicità e il realismo della situazione: Cuaròn decide di far spostare gli oggetti di scena nella maniera più spontanea possibile, soprattutto nelle scene d’interni riguardanti la Bullock.

Non che la trama sia particolarmente articolata, seppur piena di messaggi intrinsechi verso la vita, ma la messa in scena di Cuaròn è da brividi: ogni singola sequenza è girata con una cura maniacale, perfetta.

Potente il montaggio sonoro così come tutti i suoi effetti (oltre la colonna sonora in generale), quindi ogni strattonamento del cavo che lega la Bullock a Clooney così come l’ondata di detriti iniziale fanno venire la pelle d’oca; Cuaròn riesce a creare frenesia e movimento anche in assenza di rumore, in presenza di assoluto silenzio vista la mancanza di suono nello spazio.
Punto cardine del film è Sandra Bullock, qui nella migliore interpretazione della sua carriera: riesce ad incarnare diversi tipi di personalità, da impaurita e fredda a tenace, forte, piena di vita e speranza; colpisce la sua naturalezza e il suo estremo istinto di sopravvivenza: un personaggio per il quale tifi dall’inizio alla fine e, nei momenti opportuni, impregnata da un sex appeal (in canottiera e pantaloncini) che mettono in risalto il suo splendido corpo fino ad oggi apprezzato solo in “Ricatto d’amore”.

L’elemento che funziona meno nel film, ma probabilmente voluto, è George Clooney: sebbene la parte da maestro la faccia la Bullock, il personaggio di Clooney è quello più esuberante ma allo stesso tempo idiota: in alcune circostanze fa battute talmente senza senso da prenderlo a schiaffi e la cosa più grave è che non lo fa per sdrammatizzare; inoltre, solo io quando parla della vodka è sembrato parlasse del Martini? Ma lo accetto lo stesso.

Un motore pulsante dell’intero prodotto è il 3D, convertito in post-produzione. Senza dubbio non guardare il film in questo formato darebbe meno valore al tutto; il livello di profondità e d’immersione visiva è parecchio marcato e la sensazione di trovarsi davvero in mezzo allo spazio è costante per tutta la pellicola. Gli effetti pop-up sono pochi ma comunque naturali dove non troviamo mai esagerazione.

Essere spettacolare in ogni suo ambito, poche altre volte un film c’è riuscito.
Gravity è cardiopalma puro. Un sci-fi thriller che terrà incollato lo spettatore fino all’ultimo fotogramma. Mai banale o scontato, si mantiene sempre nella linea della raffinatezza.

Un capolavoro indimenticabile.
PS: visionato in iSens 3D, gli effetti visivi e sonori vengono accentuati ancora di più: consigliato.

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Redazione Giornalistica

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