La miniserie di Stefano Sollima, Il Mostro, è su Netflix. Trama, cast e scelta coraggiosa di ripartire dal 1968, ignorando Pacciani.
L’incubo non ha un solo volto. È una verità cruda, scomoda, ma fondamentale per comprendere la scelta narrativa dietro a Il Mostro, la nuova miniserie in quattro episodi diretta e co-ideata da Stefano Sollima e Leonardo Fasoli, sbarcata su Netflix il 22 ottobre 2025.
Sollima, maestro riconosciuto del crime italiano e internazionale, ci trascina nuovamente nell’orrore, affrontando uno dei capitoli più oscuri e strazianti della cronaca italiana: la vicenda del Mostro di Firenze. Una scia di sedici vittime tra il 1968 e il 1985, un’indagine lunga quasi vent’anni, e una verità processuale che ancora oggi solleva interrogativi.
Ma se pensate di ritrovare la solita narrazione incentrata sul contadino di Mercatale, Pietro Pacciani, preparatevi a cambiare prospettiva. Sollima e Fasoli hanno compiuto una scelta editoriale netta e coraggiosa: tornare alle origini dell’orrore.
Oltre il Cliché: La Rivoluzione Narrativa di Sollima
La miniserie, prodotta da The Apartment e AlterEgo per Fremantle, non è un semplice true crime che ripercorre i fatti noti. È un’immersione nell’Italia rurale di quegli anni, un Paese arretrato, patriarcale, dove la violenza era spesso un affare di famiglia, sepolto sotto strati di vergogna. È questo il contesto, più che l’identità del killer, il vero protagonista.
«Avvicinarsi alla storia del Mostro di Firenze non è semplicemente un lavoro di ricerca. È un confronto diretto con l’orrore. L’orrore, per essere davvero raccontato, va attraversato. Non aggirato», ha dichiarato Sollima, sottolineando l’approccio crudo e realistico alla materia.
L’inizio di tutto: il delitto del 1968
La serie inizia proprio dal primo, e per lungo tempo dimenticato, duplice omicidio: quello di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, avvenuto a Castelletti di Signa nel 1968. Un evento archiviato inizialmente come un delitto passionale, dove l’unica testimone fu il figlio di lei, Natalino, rimasto solo nell’auto (fonte: Adnkronos, 22 ottobre 2025).
Concentrandosi sulla cosiddetta “pista sarda”, la miniserie analizza il reticolo di sospetti e pregiudizi che travolse una comunità, in particolare figure come Stefano Mele, per arrivare ai fratelli Vinci e Giovanni Mele. Si indaga su un contesto sociale fatto di gelosie, rancori familiari e un sistema maschilista dove la libertà femminile era punita. Come ha sottolineato il co-sceneggiatore Leonardo Fasoli: «Si trattava di omicidi ai danni delle donne. I fidanzati o i compagni erano solo un ostacolo che l’assassino si toglieva di mezzo».
L’Indagine al Femminile e il Cast
Uno dei punti focali della narrazione è il ruolo della sostituta procuratore Silvia Della Monica, interpretata da Liliana Bottone. Un personaggio basato su una figura reale che per prima intuì un legame tra l’omicidio del 1968 e quelli degli anni ’80.
Un cast corale per un orrore diffuso
La scelta di Sollima di non concentrarsi su un unico “mostro” ha portato a un cast corale di giovani interpreti che danno corpo a un sistema più ampio di violenza e sospetti:
- Liliana Bottone (Silvia Della Monica)
- Marco Bullitta
- Valentino Mannias (Salvatore)
- Giacomo Fadda
- Antonio Tintis (Giovanni)
- Francesca Olia (Barbara Locci)
Gli attori hanno raccontato la difficoltà di interpretare personaggi immersi in quella che Sollima definisce un «brodo violento e patriarcale», dove il «mostro potrebbe essere chiunque».
Fedeltà Storica e Ricostruzione Maniacale
La serie si distingue per la sua attenzione quasi maniacale alla ricostruzione storica e forense. Le ambientazioni, i costumi, le auto e le scene del crimine sono state ricreate basandosi sulle perizie medico-legali e balistiche degli atti processuali. L’obiettivo non è il sensazionalismo, ma la ricerca di una verità storica e sociale che va oltre le narrazioni più note. L’avvocato Vieri Adriani, conoscitore della vicenda, ha definito la serie «accurata e di grande valore».
Perché vederla: non è solo cronaca nera
Il Mostro è più di una serie true crime. È un’analisi tagliente di come l’orrore non nasca nel vuoto, ma sia figlio di un contesto sociale preciso. Con soli quattro episodi, Sollima riesce a condensare quasi due decenni di indagini fallimentari, paure collettive e pregiudizi che hanno condizionato l’esito della giustizia.
Se cercate un’opera che non vi dia risposte definitive, ma che vi spinga a interrogarvi sulla violenza di genere, sulla società patriarcale e sulla capacità di un Paese di fare i conti con i propri demoni, allora questa miniserie su Netflix è un appuntamento imperdibile. È l’opportunità di guardare la storia del Mostro di Firenze da una prospettiva che, pur partendo dal passato, riflette le ombre del presente.
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