Licia Nunez. Foto di Lorenzo Taliani
Licia Nunez. Foto di Lorenzo Taliani

Licia Nunez: sceglierei ancora una volta questa professione

Un’altra ospite del Premio Internazionale Donnafugata l’attrice Licia Nunez, donna dai valori forti e caratterizzata da una grande passione per la recitazione, per l’arte.

Fedele al suo pubblico, sicura del percorso intrapreso, Licia ci apre il suo cuore e lo fa con l’onestà di sempre…

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Licia Nunez. Questo 7 settembre sarai tra gli ospiti del Premio Internazionale Donnafugata, in quel di Palma di Montechiaro, ad opera di Francesco Bellia e Peppe Zarbo, direttore artistico. Quali sensazioni sono legate a questo riconoscimento?
Un premio per me molto importante per una professione che amo e che ho scelto. Rappresenta il consolidamento di un lavoro svolto con grande impegno e dedizione. Mi è capitato spesso di chiedermi se si trattasse della professione giusta per me. Questo perché esistono dinamiche in questo ambiente che non fanno parte del mio modus operandi. Essere attrice significa condurre, attraverso i miei personaggi, una vita differente ogni giorno, distaccandomi dalla mia persona. Proprio ultimamente mi è capitato di rivivere i ruoli interpretati sino ad ora e ho provato una grande emozione. Il solo pensiero che il 7 settembre riceverò un premio per qualcosa che ho avuto modo di svolgere, mi rende davvero felice e orgogliosa.

La Sicilia da quattro anni è ‘casa’ per il Donnafugata. Hai avuto modo di approfondirne la ‘conoscenza’ in passato?
Conosco molto bene la Sicilia, una terra in cui ho avuto spesso modo di lavorare. Ho visitato Agrigento, Siracusa, Palermo, Catania e adoro i siciliani, persone sincere, accoglienti, proprio come noi pugliesi. Una specie di ritorno alle origini, felice di prendere parte a questo premio anche perché non sono solita presenziare lì dove non vi è un progetto in essere. Non vedo l’ora di poter vivere le persone, coloro che ci sostengono, un modo per essere me stessa, il più possibile, un contatto che ritengo necessario perché senza il pubblico non saremmo nulla.

Che bilancio ne fa Licia Nunez, ad oggi, di questo percorso cominciato a soli diciassette anni come fotomodella e quanto sei cambiata da allora?
Ho cominciato da giovanissima, in un settore completamente diverso, nella moda. Un percorso che mi ha poi aperto una strada per la recitazione. Sono nata a Barletta, un luogo che adoro ma che non mi ha mai offerto delle concrete opportunità in questo campo. Partire, fare la valigia per Milano, non è stato semplice non conoscendo nessuno, così come l’approdo a Roma, la mia attuale città. All’inizio è qualcosa che può sembrare irraggiungibile, il mondo dei sogni, ma credo sia necessario incontrare le persone giuste, capaci di valorizzarti, per poi investire sulla tua persona. Il solo talento non basta! In questo sono stata fortunata, devo dire. È chiaro che questo mondo, questo crescere poi ti cambia. A vent’anni hai gli occhi di una ragazza sognante, a trenta acquisisci maggiore consapevolezza circa il fatto che i ruoli sono pochi, a quaranta hai la certezza che ci sono dei ruoli che sono nelle tue corde e altri meno gestibili. Un mondo che di certo ti fa maturare, procede di pari passo con la tua maturità e ti rende anche responsabile nei confronti di chi ti guarda, di chi si identifica in te. Un ruolo non da poco e a me piace essere presente con le persone che mi seguono. Tornassi indietro sceglierei ancora una volta questa professione anche se mia madre desiderava altro per me.

Manca ancora qualcosa, a tuo avviso, a questo bellissimo percorso artistico?
Manca ancora un tassello, il prossimo! Desideravo con tutta me stessa, dopo vent’anni e più di studio, essere protagonista di un film per il cinema. Un desiderio che prenderà forma dal prossimo anno, a fine marzo, in collaborazione con la Serbia e la Germania. Un sogno che si realizza, una storia d’amore viscerale, ad opera di Krzysztof Zanussi, “L’odore”.

Licia Nunez. Foto di Raffaele Cerracchio
Licia Nunez. Foto di Raffaele Cerracchio

Cosa significa oggi essere attrice?
Un grande atto di responsabilità verso chi ti segue, crede in te e si indentifica con la tua persona. Si è, in qualche modo, portavoce di un settore, quello dello spettacolo, che ha un’impronta importante nel mondo e mi rende orgogliosa del mio cammino. Quando penso alla Licia sedicenne, ripenso ad una ragazza che guardava la televisione con aria sognante, visionando le vhs che registrava con cura e studiando la tecnica dei vari attori. Oggi accade la stessa cosa. Torno indietro per rivedere alcune scene realizzate da attori di cui mi piace la recitazione. Una professione che amo, che è unica al mondo perché mi permette di vivere altre vite, qualcosa di bellissimo.

Tra i personaggi che ho più amato c’è stata la tua Elena Monforte ne “Le Tre Rose di Eva”. Una donna forte e al contempo debole ma tanto vera…
Sono molto legata ad Elena, alle sue fragilità e, al tempo stesso, anche alla sua forza. Ha dimostrato, con il passare delle varie stagioni, che si può toccare il fondo e, allo stesso modo risalire, riscattarsi. Si, parliamo di una fiction ma parliamo anche di realtà. Proprio per questo motivo ho voluto avvicinare Elena alla realtà di tutti i giorni portando parte di me all’interno del personaggio, trasportando le mie fragilità in quel bellissimo ruolo.

Licia Nunez sei da sempre dalla parte degli animali, di questi magnifici essere indifesi. Quale messaggio vorresti lanciare affinché vi sia sempre più amore, rispetto e attenzione nei loro riguardi?
Tocchi un tasto difficile perché ho davvero a cuore queste creature. Ci sono persone che vanno in vacanza lasciando i loro gatti in casa come se fossero in grado di provvedere da soli a sé stessi, persone che aprono gli sportelli della loro auto ‘buttando’ via la propria creatura, scene che mi fanno venire i brividi e, al tempo stesso, tantissima rabbia. C’è un’organizzazione no profit cui credo molto, l’Enpa, che affronta in piena regola anche il tema dell’abbandono, del volontariato e quanto altro. Credo che le persone che commettono determinati atti non sono in grado di amare nemmeno la propria persona. Non potrei mai lasciare da soli due occhietti che non chiedono altro che stare con me. Credo debba essere istituita una legge affinché chi fa del male a questi esseri debba pagare, così come occorrerebbe un supporto a chi ha difficoltà nel poter gestire alcune spese mediche. Un sogno resta quello di poter realizzare una struttura di tutela anche in caso di abbandono. Avere un cucciolo significa vivere con la propria creatura quotidianamente, questo perché non chiedono altro che essere amati.

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