Gianni Rosato
Gianni Rosato

Gianni Rosato: sacrificio, determinazione e fortuna sempre dalla mia parte

Da sempre amante del cinema, della recitazione, Gianni Rosato ci parla dei suoi trascorsi, del quotidiano, dei progetti che lo vedranno protagonista.

“Do ut des”, ad opera di Dario Germani e Monica Carpanese, lo vedrà nei panni del protagonista, Leonardo. Un lavoro che lo ha commosso, sin dalla notizia della sua partecipazione, un progetto a cui Gianni Rosato tiene molto.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Gianni Rosato. Raccontaci di come ha preso vita la tua passione per la recitazione e per lo spettacolo?

Mi viene difficile poter dare una risposta precisa a tale domanda. Ricordo bene che in terza elementare scrissi, in un compito in classe, di voler fare l’attore. La passione per la recitazione si è sviluppata con il passare del tempo. Mi è sempre piaciuta l’idea di vivere di innumerevoli vite, tutte diverse tra loro. La possibilità di evadere da quelle situazioni in cui subivo del bullismo, a scuola, e desideravo chiudere gli occhi e fuggire. Una semplice voglia di esplorare, di mettersi alla prova e raccontare storie interpretando altre identità. Mi affascinava il cinema dei grandi registi italiani e non solo. Restavo incantato dinanzi a film come E.T. L’extra terrestre o Il tempo delle mele. Penso che la passione sia esplosa proprio lì, fra i banchi di scuola durante il Cineforum, il lunedì pomeriggio. Non basta imparare a memoria una parte. Bisogna compiere un lavoro interiore, tremendo e meraviglioso al tempo stesso, con cui si impara a conoscere davvero se stessi e ad incanalare le proprie emozioni. Amo recitare, non importa il contesto, la cosa importante è farlo al meglio, emozionandosi. Inoltre devo dire, con orgoglio, che sono sempre stato un gran sognatore e lo sono ancora oggi. Ancora rido se ripenso alla mia infanzia, alle feste comandate in cui approfittavo della presenza di parenti e amici per inscenare il mio spettacolino a tema. Che bella la mia infanzia! Da quel momento ha avuto inizio tutto.

Quanto ha contato il sostegno della famiglia nel raggiungimento di tale obiettivo?

Credo che nessun genitore voglia sapere il proprio figlio vagare nell’incertezza, specie a livello professionale. Ad ogni modo, devo a loro il mio sostentamento a Roma, specie per quanto riguarda i primi tempi. Dopo essermi ambientato, però, ho voluto farcela con le mie forze. Roma è, da sempre, costosa e la vita non era di certo facile. Ho lavorato come cameriere, pur di supportarmi negli studi, nelle spese. Ripeterei tutto, senza dubbio alcuno, per amore di questo mestiere.

Nato in Calabria, cresciuto in Piemonte, e residente a Roma da ventidue anni, ormai. A cosa senti di essere maggiormente legato, Gianni Rosato?

Il legame con le proprie radici è importante, fondamentale. Spesso sento il bisogno di tornare, di riprendere fiato, di respirare aria di casa. La famiglia è il mio pilastro, il mio punto di partenza, da sempre anche il mio ritorno. Porto con me, quando sono lontano, i valori, tutto l’amore ricevuto. La famiglia, con le sue abitudini e tradizioni, forgia un uomo.

Parlaci di “Yuria”, un progetto a cui sei molto legato. Come ha preso vita e quante soddisfazioni ti ha regalato?

Yuria rappresenta un progetto ambizioso, prodotto da Welcome Film, in collaborazione con Vinians Production e con il contributo dell’Amministrazione Comunale di Curinga. Nasce da un desiderio che avevo da tempo. Prigionieri delle nostre mura domestiche, durante il lockdown, per voglia di ribellione, di farsi sentire e di sentirsi ancora vivi, abbiamo deciso di iniziare a fare qualcosa. Era un piccolo sogno lasciato in un cassetto, che ha poi preso forma grazie alla penna geniale di Mattia Riccio, colui che l’ha anche scritto e diretto. Yuria, dai toni decisamente cupi, ha lo scopo di raccontare una storia e, al tempo stesso, di valorizzarne il territorio dove è stato girato. Racconta la vicenda di una suora scomparsa in circostanze misteriose poco prima della morte di un monsignore. Ad indagare sul caso, la Chiesa invia Fra Ludovico, fidato e cinico prete investigatore, da me interpretato. Un uomo brillante e intuitivo, accolto da un Cardinale a Roma, che una volta divenuto adulto decide di prendere i voti. La criminalità, lo sfruttamento e tutto ciò che secondo lui si nasconde dietro il convento, lo toccano in qualche modo personalmente. La religione per lui è stata una salvezza e non sopporta che qualcuno la usi a proprio vantaggio, facendo del male. Spesso, con un pungente sarcasmo, mette le persone alle strette, credendo sia più efficace, piuttosto che attaccare e far sentire l’altro minacciato. Dall’abile dialettica e dall’intuito formidabile, rispetta le regole, ma è pronto a infrangerle se necessario. Fa difficoltà a fidarsi degli altri, soprattutto durante le indagini, dove, nel corso del tempo, inizierà a vedere in chiunque un nemico.

Recentemente hai anche preso parte a “Viola come il mare”, fiction andata in onda sino allo scorso anno con protagonisti Can Yaman e Francesca Chillemi. Che esperienza ha rappresentato per te?

Ho avuto piacere di prendere parte ad una bellissima serie televisiva come, “Viola come il mare”. Una serie che, dopo essere stata trasmessa in prima serata su Canale 5 ed aver ottenuto un successo clamoroso, è successivamente sbarcata su Netflix. Ho interpretato Fausto Russo. La serie è stata diretta da Francesco Vicario, un regista che stimo molto. In passato ho avuto modo di lavorare con Francesca Chillemi, in “Che Dio ci aiuti”, sempre della famiglia Lux Vide, ed ho apprezzato, oltre al talento, anche la sua umiltà. Conoscere e lavorare con Can Yaman mi ha fatto tanto apprezzare il suo modo di essere, specie a telecamere spente. Nel suo caso, parliamo di una star mondiale, ma di grande umiltà e bontà d’animo. Di lui posso dire che è un ragazzo socievole e con una grande voglia di lavorare, per niente presuntuoso, visto l’enorme successo ottenuto e sicuramente con i piedi ben saldi.

Gianni Rosato parlaci dell’ultimo lavoro a cui hai preso parte, “Do ut des”, per la regia di Dario Germani e Monica Carpanese. Come hai accolto tale proposta e cosa puoi anticiparci, nei limiti del possibile, sul ruolo interpretato?

Era il periodo in cui, per via del Covid-19, non si realizzavano provini in presenza. Mi richiamarono dalla produzione per un provino in presenza, nel pieno rispetto di tutte le normative vigenti. Ricordo che ricevetti la conferma del ruolo e subito mi emozionai. Interpreto il protagonista maschile, Leonardo, un ricco imprenditore milanese. Do Ut Des in latino significa “io do affinché tu dia”, ma spesso si da solo per ricevere in cambio qualcosa, ed è proprio questo che fa di Leonardo un vero imprenditore di successo. La sua storia si intreccia con quella di Francesca, studentessa universitaria e modella. Francesca, nonostante non subisca il fascino di una vita lussuosa, è comunque attratta da Leonardo, ma disdegna ogni tipo di contatto fisico, a causa di un passato che continua a perseguitarla. Questo suo essere sfuggente alimenta il desiderio che ha per lei Leonardo, fino al punto da trascinarla nel suo mondo per prenderle tutto ciò che gli nega. Quando nella sua vita entra Emanuelle, una scrittrice che porta avanti un esperimento sulla sessualità, Leonardo sprofonda in un turbine di lussuria e oscurità. Emanuelle e Leonardo attraversano i confini sfumati che separano il bene e il male, spinti da desideri pericolosi, rischiando tutto pur di conquistare ciò che desiderano. Una ragnatela che li imprigiona in un gioco sadico, nel quale ogni certezza viene messa in discussione, e Leonardo presto si renderà conto che tutto quello che ha strappato agli altri, gli verrà portato via, perché a volte rischiare tutto ha un prezzo troppo alto da pagare. Il film nasce dalla penna geniale di Monica Carpanese che oltre a scriverne la sceneggiatura ha anche affiancato il regista Dario Germani. Il mio grazie va a entrambi e a tutti coloro che hanno lavorato con noi.

Quanta gioia c’è nel poter ricoprire un ruolo cinematografico di rilievo, nel sapere di poter assistere ad una prima incontrando il favore del pubblico?

Tanta, Tantissima gioia. D’altronde soltanto una cosa rende impossibile un sogno: la paura di fallire. Infatti i sogni più folli sono sempre stati la causa di successi straordinari. Se poi il lavoro fatto viene apprezzato dal pubblico, allora diventa un gran bel sogno ad occhi aperti.

Chi è Gianni Rosato nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni?

Sono un sognatore e lo sono sempre stato. Sono altruista, solare e passionale, sono del Sud, e non potrebbe essere diversamente. Sono convinto che nella vita niente mi sia dovuto, anzi, che sia necessario lavorare duramente, anche se non sempre purtroppo si riesce subito a portare a casa un risultato. Per un lungo periodo, infatti, ho fatto provini su provini, ma non mi richiamava nessuno. Oggi, sono una persona consapevole e coerente che senza sacrificio e determinazione, oltre che a un giusto pizzico di fortuna, non vai da nessuna parte. Vorrei dire a chi vuole fare questo lavoro di essere sempre se stesso/a e che è necessario avere degli ideali e lavorare per raggiungere l’obiettivo.



Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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