Molière in bicicletta arriva lontano

Il pretesto di dare voce ad uno dei più grandi commediografi francesi di tutti i tempi e  soprattutto al controverso personaggio di Alceste (Il Misantropo) si innesta, in questo film del 2013, sulle dinamiche dell’incontro-scontro tra un vecchio leone del palcoscenico (Serge), preda di un esaurimento nervoso che lo porta ad un buen retiro sull’ Ile de Rè (posto magnifico, ben reso dalla fotografia di Jean-Claude Larrieu), e  il suo collega più giovane, più ricco, assai più famoso grazie ad una fiction televisiva (Gauthier).

Come si evince abbastanza presto, lo scambio dei ruoli tra i protagonisti e i personaggi è continuo ma è così fluente nella recitazione di Fabrice Luchini e Lambert Wilson, da non stancare lo spettatore, neppure durante le estenuanti prove in versi ,rigorosamente alessandrini secondo l’alto stile di Monsier Poquelin. Infatti, Serge (apparentemente il più dimesso) è Alceste fino in fondo: nelle sue scontrosità, nella sua indifferenza verso il mondo, nel suo rigore morale, nell’aprirsi alla speranza che, immancabilmente, viene tradita; in realtà è lui che regge le redini del gioco, nella pièce come nella vita.

Gauthier, più paziente, più accomodante, più diplomatico, non ha però la purezza di sentimenti di Filinte e dimostra la sua grettezza nelle ultime battute del film, quelle che precedono il ritorno al silenzio di un nuovo isolamento e che fanno da giusta cornice alla sua punizione,  alla sua catarsi. Gli esterni sono invernali, freddi anche cromaticamente, mentre gli interni si colorano di vecchi parati anni Sessanta, di mobili scuri e tappetti rossi, riempiti di versi e sorrisi, di tensioni e istrionerie. La sceneggiatura è pregevole (Philippe Le Guay) in quanto acconsente che Molière la faccia da padrone senza primeggiare, senza che il teatro schiacci il cinema, e strappa, attraverso certi dialoghi vagamente surreali, più di un sorriso e qualche risata allo spettatore.

Il pubblico, sempre sovrano, non sia impensierito dalla grandeur literaire di Molière, poiché il suo viaggiare in bicicletta è una metafora leggera e gradevole, un mezzo veloce per arrivare a quegli spettatori che non hanno avuto il piacere di ascoltare la musicalità della sua penna in teatro. E possono farlo, in formato pocket, con questa pellicola.

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