Incontriamo l’attrice e regista Simonetta Columbu, che ci racconta del suo mestiere, della sua famiglia e dei suoi desideri.
Tra i protagonisti di “Confiteor: come scoprii che non avrei fatto la Rivoluzione”, l’attrice, nonchè regista, Simonetta Columbu, nostra ospite di oggi. Un’attrice che da sempre vive il suo mestiere con passione e dedizione, supportata dall’amore della sua bellissima famiglia.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Simonetta Columbu. Attualmente sei nel cast di “Confiteor: come scoprii che non avrei fatto la Rivoluzione”, ad opera di Bonifacio Angius. Come ti sei preparata ad affrontare questa ennesima esperienza?
«Mi sono preparata, come possibile, sul campo. Bonifacio mi ha raccontato il film e chi fosse davvero il personaggio e, ti dirò, credo sia uno dei pochi registi capaci di non affidarti la storia su un copione, ma di consegnartela a voce, come un racconto antico, con la dedizione e la lentezza che meritano. Abbiamo improvvisato molto, lasciandoci guidare dal flusso creativo, e ci siamo divertiti immensamente. È stato un viaggio umano, prima ancora che artistico».
Cosa ti lega alla recitazione, quali maggiori consapevolezze hai raggiunto con il passare del tempo?
«Recitare è, per me, pura passione. Come afferma Bonifacio Angius, “il cinema è un grande spettacolo, ma anche un atto di verità: una finestra sull’animo umano, dove la finzione diventa rivelazione”».
Chi è Simonetta e quali passioni caratterizzano il tuo vissuto?
«Tra le mie passioni c’è la recitazione, la scrittura, la natura, l’amicizia e la famiglia. Tutti elementi che nutrono la vita e sono alla base di ogni cosa».

Non solo recitazione nel tuo presente, perchè da anni sei anche una più che abile regista. A cosa devi questa passione e cosa sta regalandoti?
«Esatto, non c’è soltanto la recitazione, ma anche un documentario e la scrittura. Amo profondamente tutto ciò che riguarda il sociale. Non mi definisco in alcun modo una regista, bensì una buona osservatrice, una curiosa. Tutto è nato dalla mia passione per la fotografia in pellicola ma quando poi ho scelto di raccontare, attraverso alcuni scatti, la vita di persone affette da sofferenze psichiche che vivono in una comunità integrata in Sardegna, ho compreso che la fotografia non bastava più. Sentivo il bisogno di restituire loro la voce, il respiro insito nei loro gesti, lo spazio del silenzio e della musica. Da lì è nata la mia opera prima, “Gli ospiti”, un documentario di quindici minuti. Successivamente, ho realizzato “Ricordando Romero”, un secondo documentario dedicato alla figura dell’indimenticabile stampatore Renzo Romero, la cui esistenza è stata una testimonianza d’arte e di umanità».
Da qualche tempo sei madre e, a tal proposito, quali valori insegnerai a tuo figlio affinchè possa affrontare al meglio il suo futuro?
«Credo che a mio figlio insegnerò tutto ciò che potrò attraverso l’esempio, non solo con le parole. Assorbirà da noi, che siamo i suoi genitori, i valori più autentici, e sarà libero di costruire il proprio cammino, di seguire la voce che abita dentro di sé».
Cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico?
«Nel mio futuro artistico o, per meglio dire, nel mio presente, sto dedicando più tempo possibile alla scrittura. Ho scelto, per un po’, di rallentare per dare spazio alla maternità e a mio figlio. Si è bambini una volta sola. Bonifacio è stato straordinario nel permettermi di vivere il set anche durante la gravidanza e nei primi mesi di vita di Enea ma questo, non sempre accade».
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