La grande bellezza in tv, il giorno dopo

La grande bellezza di questo film risiede nella bellezza più grande: l’arte, quella che con mezzi assolutamente antichi e improbabili (la pietra, un martello, uno scalpello, una tela, un pennello) riesce ad ammutolire il dolore e ad esaltare i sensi. La grande bellezza è la bellezza grande che ogni essere umano nasconde dentro di sè, come fa Jep Gambardella (un eccellente Toni Servillo), stella che non vuol risplendere perchè il mondo non lo sciupi col suo mercimonio.

E allora, diventa merce egli stesso, si vende e si fa comprare, restando, però, come una macchia d’olio a pelo d’acqua, con il suo dolore segreto, con quelle domande a cui nessuno vuole o può dare risposta. E’, questo,  un film di dimensioni e di atmosfere innegabilmente felliniane (le donne, l’aspetto serenamente caricaturale di certi personaggi, le scenografie monumentali),  un’opera in cui lo script è il mezzo per lasciar parlare non gli attori, ma le immagini. In ogni sala in cui verrà proiettata la pellicola, occorrerebbe terminare non già con un applauso, ma con una standing ovation a Luca Bigazzi, direttore della fotografia che ben ha appreso la lezione del grande Maestro Fellini e che, in più di un fotogramma, lo ha chiaramente citato.

Il riferimento di Paolo Sorrentino (regista che ha al suo attivo films altrettanto interessanti anche se di diversa cifra stilistica, vedi last but not least “This must be the place”) a Diego Armando Maradona sembrerebbe meno esplicito; andrebbe colto nel senso insensato della vita che il giornalista Gambardella e la sua moderna corte dei miracoli conducono in una delle città più belle del mondo: Roma e la  sua grande bellezza, fede e paganesimo, la sua unicità. Roma e un San Pietro contemporaneo, che -munito di chiavi- permette a due anime decisamente in pena  (Jep e Ramona, una Sabrina Ferilli nature, perfettamente calata nel ruolo) di nutrirsi di una bellezza nascosta ai più, che appaga l’anima. I nudi del film sono squisitamente felliniani da un lato e volutamente sconci dall’altro, per sottolineare con l’immagine spesso, con la musica mai (un Lele Marchitelli che stupisce ancora una volta e  per le sue competenze musicali e per le felici e raffinate scelte ), la volgarità con  cui l’uomo pervade e permea il mondo intorno a sè. Il film è un crescendo di fotogrammi densi, carichi di significato e la parabola raggiunge il suo picco quando la Morte fa il suo ingresso nella storia, rubando alla vita di Jep prima un pezzo del puzzle, poi l’altro, fino a costringerlo a fermarsi, a tornare indietro per ricordare e per riuscire a trovare, finalmente, qualche risposta tra tutto il “bla bla bla che sta tra la Vita e la Morte”.

Un film corale, quello di Paolo Sorrentino, dove i grandi nomi vengono messi sullo stesso piano: Carlo Buccirosso, Carlo Verdone, Isabella Ferrari, Iaia Forte, Serena Grandi, tutti assolutamente calati perfettamente nel ruolo; un film che ha giocato con i grandi numeri del budget, una produzione italo -francese che -senza scomodare ricercati effetti speciali di stile holliwoodiano- ha riportato una vittoria che ha il profumo della qualità, dell’amore per il cinema e dell’impegno nel cercare di scrivere storie di respiro universale. Sarebbe curioso, infine, poter assistere alla visione di questa pellicola nella versione doppiata per il mondo anglofono; Jep Gambardella non parla italiano se non quando si trova a dover esprimere dei concetti fondanti per il prosieguo della storia e lo stesso dicasi per Sabrina Ferilli. Entrambi, infatti, fanno ricorso all’italiano regionale per comunicare tra loro; una Romana de Roma e un viveur napoletano in trasferta, il cui accento non manca di farsi sentire. Sorrentino conquista, quest’anno, l’ Oscar al miglior film straniero, e questo è già Storia; il successo del botteghino non deve mancare, perché gli spettatori possano esprimere anche un dissenso, al di là di ogni inutile campanilismo. Al pubblico sovrano va, dunque, ribadito l’invito di guardarla, questa opera cinematografica, che ha saputo riportare l’attenzione sul cinema italiano ed europeo dopo “La Vita è bella” di Roberto Benigni.

Su Monica Lucignano

Redattore

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