Intervista all’attrice Marta Ferrarini, che ci racconta del nuovo ruolo nello spettacolo “Quelli che restano” in scena a Roma.
Incontriamo l’attrice Marta Ferrarini presto in scena con lo spettacolo “Quelli che restano”, al Cometa Off di Roma. Un ruolo che ama particolarmente, un mestiere che sostiene sia davvero speciale…
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Marta Ferrarini. Il prossimo 24 e 25 novembre potremo vederti in scena al Teatro Cometa Off in “Quelli che restano”, un nuovo spettacolo teatrale per la regia di Davide Celona. Cosa puoi anticiparci a riguardo?
«Sarà una festa, sembra antitetico dato che il tutto si ambienta nell’ora che precede un funerale, eppure questa è stata la sensazione che ho avuto quando lo spettacolo si è formato definitivamente. Sarà un po’ come stare su una montagna russa emotiva. È vero che trattiamo temi complessi, ma ci sarà spazio anche per la leggerezza del non prendersi troppo sul serio.
Non vedo l’ora di scoprire se riusciremo a trasmettere tutto questo al pubblico».
Cosa ti lega al teatro, alle tavole del palcoscenico?
«Quella con le tavole del palcoscenico è una storia d’amore che risale a quando avevo cinque o sei anni, quando facevo parte di una scuola di danza che a fine anno produceva dei musical, in quell’occasione ho recitato la mia prima battuta ed è successo qualcosa di speciale. Credo di poter dire che ad oggi quello che mi lega di più al teatro è la sua ritualità, nel senso del suo esistere nel qui ed ora, insieme alle persone: è uno scambio di energie. Nella mia vita sono una persona piuttosto riservata, eppure sul palco amo poter condividere me stessa».
Chi è Marta e quali consapevolezze hai raggiunto nel corso degli anni?
«Marta è una persona che si sta scoprendo, soprattutto negli ultimi anni. Una consapevolezza che ho maturato, grazie anche alle esperienze dell’ultimo anno di lavoro su questo progetto, è quella di non volermi limitare a fare l’attrice, ma anche continuare a scrivere, esplorare la regia, sperimentare con il corpo e la voce. In futuro mi piacerebbe potermi definire un’artista. Credo fortemente che l’arte, il teatro, non si possa dividere in categorie stagne e soprattutto non si possa dividere dal mondo in cui viviamo, ed è con questa consapevolezza che voglio approcciami al mestiere del teatro».
Quali sogni nel cassetto, quale ruolo non hai ancora toccato?
«Di sogni nel cassetto ne ho tanti, purtroppo sono un’eterna indecisa, e non sono legati esclusivamente al mestiere dell’attrice. Un grande sogno è quello di creare una comunità di artisti (magari in un posto sperduto in campagna) dove si ognuno possa sperimentare le proprie arti e restituire qualcosa alla collettività. Stando invece con in piedi un po’ più per terra ho un ruolo, o meglio uno spettacolo, del cuore che da anni sogno di interpretare: Psicosi delle 4.48 di Sarah Kane, magari curandone anche la regia».
Anticipazioni sul tuo futuro artistico?
«Sicuramente l’obiettivo del prossimo anno sarà quello di continuare a far vivere lo spettacolo “Quelli che restano”, cercando di farlo girare anche al di fuori di Roma. In particolare, insieme alla collega e compagna di viaggio Emanuela Vinci, ci piacerebbe portarlo ‘a casa’, sia a Milano che a Palermo. Con Emanuela, tra l’altro, abbiamo già in testa altri mille soggetti, quindi chissà, magari scriveremo un altro testo a breve, in ogni caso l’intenzione è di continuare a creare e costruire insieme. Spero anche di riuscire a dividermi un po’ tra Roma e Milano per poter supportare in qualche modo, davanti o dietro le quinte, la compagnia Kerkìs che mi ha adottata qualche anno fa e a cui devo molto della mia crescita artistica».
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