Leo Gullotta. Foto di Eolo Perfido
Leo Gullotta. Foto di Eolo Perfido

Leo Gullotta: sono un uomo fortunato!

A tu per tu con il poliedrico attore Leo Gullotta, in occasione della tournée teatrale, “Minnazza – Miti e pagine di Sicilia”, spettacolo in cui ci rammenda le pagine più belle ed emozionanti della cultura siciliana.

Leo Gullotta. Foto di Eolo Perfido
Leo Gullotta. Foto di Eolo Perfido

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Leo Gullotta. Come stai?

Grazie a voi! Sto bene! Sono vaccinato e tranquillo. A livello lavorativo, mi auguro possa esserci una miglioria, nella speranza che i teatri siano sempre più affollati, intrisi di sorrisi, di applausi e magia.

Attualmente sei in teatro con lo spettacolo “Minnazza – Miti e pagine di Sicilia”. Riviviamo, insieme a te, le pagine più belle ed emozionanti della cultura siciliana. Cosa puoi dirci a riguardo?

Bisogna esserci, semplicemente, regalando la propria presenza al pubblico, la propria tranquillità e fiducia. “Minnazza”, appunto, è solo un modo per essere vicino al mio pubblico, entrando dalla sala e non dal palco. Condivido con loro pagine, opinioni, sensazioni, profumi di Sicilia, in questa terrazza immaginaria su cui porto ogni singolo spettatore. Ne ricordo, di quella Sicilia, i diritti, la costituzione, ogni singolo passo in avanti di questa bellissima storia e serata, senza dimenticare così le nostre splendide radici.

Ti ricordiamo ne “Il Bagaglino” e in molti altri spettacoli di importante rilievo. Che ricordi hai di quel periodo?

Ho un bellissimo ricordo di quelle ventidue stagioni del varietà. Mi ha permesso di entrare nelle case degli italiani, creando con ognuno di loro un bel rapporto. Un percorso davvero importante, specie oggi che ho settantacinque anni. Come aver preso un premio, durante una serata indimenticabile, di cui conserverò sempre un dolcissimo ricordo. Un premio, quello ricevuto, che ti fa pensare di essere stato osservato, ma non bisogna crogiolarsi sugli allori, tocca andare avanti e fare sempre di più.

Quanto conta oggi la comicità, nell’ambito dello spettacolo?

L’Attore, con la maiuscola, deve conoscere ogni singolo linguaggio legato allo spettacolo, al palcoscenico, ad ogni sfumatura di questo mestiere. Viviamo un’epoca superficiale, dove tutti pensano di potersi arrangiare a fare tutto. Bisogna, a mio avviso, pensare, ragionare in maniera diversa, portando una nota di ironia in questo mestiere. È il caso di Crozza e Albanese, che ritengo davvero molto preparati, perché caratterizzati da tanto studio e professionalità. Cito anche Rosario Fiorello, una vera forza della natura, capace di coinvolgere e stupire, allo stesso tempo, il pubblico. Nulla può essere inventato, in questo mestiere!

Leo Gullotta. Foto di Giampaolo Demma
Leo Gullotta. Foto di Giampaolo Demma

La felicità, invece?

Credo che il segreto sia racchiuso nel saper osservare ciò che capita nella nostra vita, senza vivere di frustrazioni, di amari ricordi e ripensamenti. Vivere nella realtà, puntando i piedi per terra, permette di andare incontro a reali momenti felici, vissuti nella serenità più assoluta: un momento di condivisione con la persona che ami, oppure osservare il viso di un bambino, un fiore, un cielo azzurro o semplicemente farsi toccare dalla pioggia. Fondamentale, specie in questo periodo storico, non perdere di vista la curiosità, reale sale della vita.

Quanto sei riuscito a realizzare di quelli che erano i tuoi sogni da ragazzo?

Ritengo di essere una persona fortunata. Sono nato a Catania, in un quartiere popolare. Ho avuto modo di studiare, di prendere parte al Teatro Stabile di Catania, che mi ha formato, sino ai ventidue anni. Ho appreso tante cose, da personalità importanti, di spicco e non solo.

Chi è oggi Leo Gullotta?

Una persona perbene!

Cosa prevede il tuo futuro artistico?

Riprenderò, a gennaio, lo spettacolo “Bartleby lo scrivano”, di Melville. Un lavoro, quello che avrete modo di vedere, ridotto teatralmente, caratterizzato dalla Compagnia dell’Arca Azzurra. Saremo in tournée per tutta l’Italia, dopo due anni di stop. Inoltre vi è in programma anche un film, “Quel posto nel tempo”, caratterizzato dalla malattia senile. Una riflessione importante su questa assurda e subdola malattia.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

Lascia un commento