Maria Beatrice Alonzi. Foto di Lucia Puricelli
Maria Beatrice Alonzi. Foto di Lucia Puricelli

Maria Beatrice Alonzi: l’arte dell’empatia

Forse è difficile poter presentare Maria Beatrice Alonzi. Il suo percorso professionale e artistico è una valigia preziosa di vita e arte.

È stata definita dalla agenzia di stampa internazionale AFP “La Digital Artist italiana”, ha fondato il nuovo Teatro Stabile di Roma e la sua Accademia di recitazione: La SITI; parla di violenza di genere alle donne. Maria Beatrice Alonzi è un’artista e una donna piena di energia, vitalità, verità. Non puoi definirla in unico e solo modo. Lei è tante cose, tutte messe insieme. Comunica, racconta, spiega, cerca tutto quello che porta al contatto umano, all’empatia e al bisogno di ascolto. Questa donna è un’artista di realtà, umanità e coraggio.

Maria Beatrice Alonzi. Foto di Lucia Puricelli
Maria Beatrice Alonzi. Foto di Lucia Puricelli

Benvenuta Maria Beatrice Alonzi, ho letto molte cose di te e sono felice di ospitarti in questo spazio. Partiamo dal tuo spettacolo “ Stand- up Baby”. Come nasce questo progetto?

Ho iniziato a studiare recitazione all’età di quattro anni. Ho affrontato quella che viene considerata improvvisazione teatrale accademicamente, la commedia dell’arte durante il mio percorso di studi ma sono approdata all’improvvisazione teatrale vera solo negli ultimi cinque anni, studiandola e approfondendomi in giro per il mondo. Con veramente intendo senza copione, canovaccio, senza appiglio. Tutto è davvero estemporaneo, ogni storia, ogni personaggio. Da qui, nasce l’idea di uno spettacolo completamente improvvisato, senza appoggi e fatto da una persona sola.

Nell’improvvisazione teatrale é importante avere almeno un altro attore, un compagno, con il quale entrare in contatto e creare la scena. Il mio metodo [il Metodo MIT – da lei ideato e codificato e che si insegna a Roma, nella Scuola del Teatro Stabile di Roma, a New York e a Los Angeles] si basa sull’empatia; in questo caso, in questo spettacolo, il mio compagno è il pubblico, dal quale traggo ispirazione per parlare di tutto. Tutto ciò si è unito alla mia ricerca sulla stand-up comedy americana.

Mi sono detta: vorrei fare uno spettacolo completamente improvvisato, in cui provare la stand-up all’americana, in quanto donna. La stand-up comedy al femminile è un mondo che apprezzo immensamente, come riferimento per l’Italia abbiamo l’attrice Velia Lalli che è considerata una pioniera, la prima in questo Paese. Per il mio “Stand-Up Baby” però, volevo realizzare qualcosa di diverso che si basasse non sulla scrittura ma sull’improvvisazione, portandomi dietro la particolarità che il mio spettacolo si potesse vedere per 20 sere diverse e fosse sempre diverso, perché improvvisato: fatto sulla base delle parole del pubblico, delle chiacchiere con loro. Certo c’è sempre il mio punto di vista. Il filo conduttore é il momento storico che sto vivendo nella mia vita, rispetto alla mia generazione e alla figura della donna.

Quale messaggio speri arrivi agli spettatori di questo spettacolo?

Ogni volta che finisco uno spettacolo ed esco di scena voglio che passi il messaggio: “Siete unici, siete bellissimi, e state facendo tutto giusto”, vorrei che questo messaggio arrivasse alle persone, ogni sera. É il mio modo di dire: “questo é un momento complesso, viviamo in un mondo difficile è vero ma stiamo facendo tutto giusto, non dobbiamo avere troppa paura”. Ce la possiamo fare, così come siamo. Questo messaggio lo ironizzo spesso con la mia altezza fisica, dico: “Se ce l’ho fatta io ad essere qua e avere un pubblico che paga per vedermi, io che sono alta un metro e mezzo, allora ce la possiamo fare tutti.”

Come speri si possa evolvere un progetto teatrale come questo, nel corso degli anni?

Per un artista la cosa fondamentale è poter esprimere l’urgenza di ciò che si vuole dire. In questo momento avevo bisogno di buttare giù ogni tipo di maschera, ogni tipo di costruzione e ascoltare e parlare con le persone. Volevo raccontare del pubblico ogni rumore, ogni pausa. Nell’evoluzione dello spettacolo tutte le cose partono da un sentimento come l’empatia. Il mio sogno é portare questo spettacolo in tournée in tantissimi posti diversi, per un anno almeno, e poi scriverne uno tutto nuovo, raccontando quello che ho visto, quello di cui le persone sentono il desiderio di parlare. Mi piacerebbe che lo spettacolo si evolvesse in un diario gigantesco di esperienze.

Cosa rappresenta per te il teatro e come lo vivi sul palco come attrice e dietro le quinte come Direttore del Teatro Stabile di Roma?

Mi dispiacevo di vedere questo abisso tra l’Italia e l’estero rispetto alla percezione che si ha del teatro. Spesso, in Italia, il teatro viene visto come costoso e noioso o incomprensibile. Fatto di spettacoli insostenibili, dove abbiamo eliminato la narrazione, dove gli attori recitano per loro stessi. Le persone hanno iniziato a pensare che il teatro fosse qualcosa di noioso che non poteva essere compreso e che, gravissimo, la colpa fosse loro e non di chi in scena.

Ma il teatro è la forma più alta di politica che esista, deve essere attaccato morbosamente alle persone. Deve essere accessibile. Le produzioni del Teatro Stabile di Roma sono un teatro accessibile a tutti, economicamente sostenibile e per tutte le età. Gli spettacoli sono di narrazione e quindi raccontano una storia, coinvolgono il pubblico, sono accessibili anche fisicamente in luoghi adatti a qualsiasi tipo di disabilità. Il Teatro deve essere popolare. Questa è l’esigenza che ho sentito quando mi sono detta: “voglio aprire un teatro, voglio accogliere spettacoli, voglio mettere in scena i giovani insieme ai grandi”. Per questo in cartellone quest’anno abbiamo avuto esordienti come Jacopo Neri e Alessia Giovanna Matrisciano e Maestri come Stefano Benni. Ma resta il contatto con le persone la cosa più importante.

Ho ammirato il tuo esserti esposta tramite campagne sulla violenza di genere, in particolare sulla violenza domestica. Quanto è importante parlare alle donne?

Parlare alle persone è fondamentale, più di ogni altra cosa. Parlare alle donne è importantissimo per me. L’anno scorso, ho affrontato il tema della violenza domestica, quella violenza che non ha giustificazione, è solo aberrante. Il numero di messaggi che mi sono arrivati dalle donne é stato inaspettato. Ho ideato un progetto con la polizia di stato per segnalare sulla mappa della metropolitana i commissariati di polizia più vicini alla fermata della metro e ne ho fatto un video.

In questo modo, veniva comunicato: “C’è bisogno di coraggio. Basta mettere un piede fuori di casa, e vai a piedi a denunciare quello che ti sta accadendo. La cosa difficile é il percorso che devi fare dentro di te. Qualche possibilità intorno a te c’è, non sei sola”. Ho ricevuto tante frasi di speranza, tante storie che mi hanno strappato il cuore. Vado fiera di quel progetto. Una cosa del genere è diventata virale nel migliore dei sensi e ne sono orgogliosa.

Quest’anno, mi sono concentrata sui rapporti di co-dipendenza tra uomo e donna, dove si resta attaccati in una corresponsabilità che si può spezzare. Il mio video ha fatto il giro del web e la cosa incredibile é che molte donne grazie a quel video, hanno voluto raccontare la loro storia senza che io glielo chiedessi. Si è aperta una porta e uno spazio per parlarne, mi sono commossa quando è accaduto.

Adesso, Bea. Chiudi gli occhi e pensa a come sarai tra dieci anni…

Vedo una Maria Beatrice innamorata dello stesso uomo di cui è innamorata adesso [Francesco Guglielmi, attore e regista]. Professionalmente parlando, vorrei aver realizzato in grande quello che sto facendo ora. Vorrei avere la possibilità di fare un film, vorrei un teatro che possa ospitare ancora più produzioni, creare ancora più lavoro per tutti.

E poi? Vorrei che la mia scuola di recitazione diventasse sempre più importante. Agli alunni non diamo solo una formazione artistica ma la parte di disciplina dello spettacolo necessaria per lavorare: la comunicazione, il rapporto con il casting director, la promozione; cose che non si insegnano nelle accademie di settore in Italia. Mi sto impegnando per cominciare a ricevere dei fondi, per adesso è completamente privata, e poter dare ancora più borse di studio che finora abbiamo messo noi a disposizione senza chiedere niente a nessuno; una scuola che costi sempre meno per gli allievi. E spero che si formino sempre più realtà di formazione su questo stampo perché quando si creano realtà nuove c’è sempre un circolo virtuoso che porta all’eccellenza.

Su Anna Chiara Delle Donne

Redattrice

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