Alberto Malanchino. Foto da Ufficio Stampa.
Alberto Malanchino. Foto da Ufficio Stampa.

Alberto Malanchino: Voglio portare in Italia un pezzo di Africa

A tu per tu con Alberto Malanchino

Energia, caparbietà, tanta voglia di migliorarsi sempre più e scoprire nuovi mondi. Sono questi gli ingredienti segreti di Alberto Malanchino, il giovanissimo attore che abbiamo potuto recentemente vedere nei panni di Bashir ne “La strada di casa”.

Alberto Malanchino. Foto da Ufficio Stampa.
Alberto Malanchino. Foto da Ufficio Stampa.

Ed è proprio di Bashir che ci parla inizialmente. Quanto è stato difficile impersonare un ruolo lontano dal suo mondo? “In fase di studio e preparazione del personaggio, un attore deve cercare di capire cosa può avere di simile con la figura da interpretare. Sicuramente ciò che ha accomunato me e Bashir è la caparbietà: nessuno di noi due si arrende davanti al primo ostacolo. Poi ognuno deve cercare delle altre parti da mettere in scena e una di quelle impegnative è stata quella relativa alla questione professionale: il mio ruolo infatti era quello del fisioterapista. Io non lo sono e questo mi ha spronato ad allenarmi soprattutto in merito agli esercizi che ho dovuto far svolgere a Fausto (Alessio Boni); mi ha tenuto quindi impegnato la maggior parte del tempo. Come ho svolto questo tipo di studi?

Ho visto prima diversi video su internet e poi ho “sequestrato” un mio amico fisioterapista e abbiamo provato in casa. Mi faceva guardare gli esercizi, dopo li interpretavamo insieme. Credo che per quanto riguarda una questione lavorativa, più ci si mette cura, più un personaggio assume credibilità. Ovvio che non possiamo conoscere tutti i mestieri del mondo, ma dobbiamo cercare di acquisire esperienza maggiore e io spero di non aver offeso nessuno di questo settore”.

Abbiamo conosciuto Bashir, ma chi è Alberto Malanchino? “Alberto è una persona leale nei confronti di amici e famiglia. Sono molto testardo, ma questo non sempre ha risvolti positivi; certo, ce ne vuole un pizzico perché altrimenti si fa fatica ad andare avanti. Non ho mai conosciuto un attore non testardo. La testardaggine viene anche da un tentativo di risposta alle domande che ognuno si propone di dare ogni giorno, e proprio perché fa fatica a trovarle nell’immediato cerca sempre di avere il punto della situazione”.

Alberto Malanchino. Foto da Ufficio Stampa.
Alberto Malanchino. Foto da Ufficio Stampa.

Giovanissimo, è vero, ma con un ricco bagaglio di esperienza alle spalle. Ciò che colpisce di Alberto è sicuramente la positività, l’allegria e soprattutto la gioia e dedizione con la quale parla del suo lavoro, dei suoi progetti e della recitazione a 360°. Un pensiero fermo e deciso su chi è e su cosa vuole fare per il resto della sua vita. La recitazione diventa quindi bisogno fisiologico e continua sperimentazione da comprendere in ogni sfaccettatura. Ed è per questo che tra i tanti lavori svolti, ce ne sono moltissimi che riguardano il teatro.

“Non mi è capitata ancora la fortuna di lavorare nel cinema, avrei un soggetto da proporre ma è ancora top secret. Comunque credo che l’approccio al personaggio da parte dell’attore sia simile nel teatro nel cinema e in tv: la materia infatti è la stessa”. Non mancano però anche punti discordanti. “Ci sono anche differenze da un punto di vista tecnico- recitative: in video con un breve sospiro e cambio di tensione possiamo raccontare un mondo intero. In teatro si può fare questo, ma comunque è limitato: la difficoltà di base è che bisogna essere chiari per tutte le persone. Nello specifico: ciò che faccio ad 1 metro e mezzo dal palco deve essere anche distinguibile e chiaro a chi si trova in ultima fila. Bisogna riuscire a rimanere sempre credibili cambiando il campo di gioco. Nel teatro in fase di analisi hai la possibilità di scoprire il personaggio pian piano insieme agli altri; sul set questo percorso temporale non è lineare a meno che il regista non chieda espressamente di studiare il personaggio.

Ti trovi infatti a girare la scena numero 10 piuttosto che la numero 1 e quindi a livello emotivo ti trovi già nel pieno del personaggio”.

Non sono mancati riferimenti al nuovo modo di concepire la recitazione. Con l’avvento dei social vengono utilizzate diverse piattaforme, spesso anche in modo improprio, con l’unico scopo di rendere noti i propri lavori e la propria personalità artistica. Ma quanto questo ha essenzialmente influito sull’arte in sé? “Bella domanda. Non penso che i social siano un mezzo utile per conoscere le persone intimamente. Secondo me sono efficaci per condividere con gli altri i progressi del tuo lavoro, per rimanere in contatto e avere amicizie virtuali e concrete; basta fare una sana e giusta distinzione tra piano reale e virtuale. Dipende ovviamente da come una persona li utilizza e questo lo si può fare per gente che lavora in TV, nei talk show.

Quindi non c’è una risposta univoca, bisogna chiedere a chiunque quali siano essenzialmente gli obiettivi e i sacrifici, se è soddisfatto della scelta da svolgere ed intraprendere. Io queste cose me le chiedo ogni giorno, ma molti ancora no”.

Alberto Malanchino è per metà originario del Burkina Faso, ma trapiantato in Italia ormai da tantissimi anni. È interessante scoprire, attraverso il suo racconto, quali sono i punti di contatto tra il teatro in Africa e quello in Italia, e soprattutto se ce ne sono di punti. Sono sicuramente molti gli artisti africani utilizzati soprattutto da Peter Brooke, grande regista di fama internazionale e genio indiscusso. “A questa domanda però”, afferma, “mi piacerebbe rispondere tra qualche tempo: a febbraio infatti ritorno in Africa in vista di uno spettacolo che debutterà a maggio al Franco Parenti dal titolo “Verso Sankara”.

Io e il regista ci recheremo in Africa alla ricerca di questa figura grandiosa: un uomo conosciuto come “Il presidente ribelle” in quanto in 3 anni ha stravolto un intero sistema che non andava”. Una occasione quindi ghiotta per portare in Italia un pezzo di Africa visto dagli occhi di un ragazzo italo-africano.

Tra i progetti concreti ed importanti come quello di “Verso Sankara”, c’è spazio anche per i sogni nel cassetto: “Mi piacerebbe raccontare storie al cinema: vorrei diventare cantastorie per quello che riguarda l’ambito cinematografico. Mi piacerebbe lasciare un segno, ma questo credo che lo vogliano lasciare tutti. Vedremo se i tempi sono maturi”.

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Redazione Giornalistica

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