Foto di Giovanni Gastel

Valentina Corti, mia madre? Una compagna d’avventura

A tu per tu con Valentina Corti

Valentina Corti è un’attrice, un’attrice che è entrata nel cuore del pubblico italiano sin da subito con il ruolo di Sara Levi nella seguitissima serie TV Un Medico in Famiglia. In questi ultimi mesi, ha portato avanti due importanti progetti: La Macchina Umana, un cortometraggio di Adelmo Togliani e Simone Siragusano e il film La Sabbia negli occhi di Alessandro Zizzo.

Due progetti intensi in cui Valentina ha voluto mettere alla prova tutta se stessa. Quando s’incontra Valentina, si è subito contagiati dalla sua consapevolezza non solo artistica e professionale ma anche umana. Una consapevolezza ereditata da una mamma molto speciale.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Valentina Corti! In questi giorni è stato presentato il cortometraggio La macchina umana, presentami questo progetto…

La macchina umana è un cortometraggio fanta-scientifico di Adelmo Togliani e Simone Siragusano. La prima proiezione è stata realizzata a Marina di Camerota, e presto verrà presentato ai vari festival internazionali. Il protagonista di questo cortometraggio è Adelmo Togliani che interpreta il personaggio di un androide. Mentre il mio personaggio è quello di Gaia che viene coinvolta in un esperimento scientifico che avrà risvolti imprevedibili.

Interessante è la location scelta per questo progetto: il Cilento.

Sì, abbiamo girato in Cilento e le location sono meravigliose. Il territorio, in questo progetto, è molto presente. La popolazione ci ha accolto nel migliore dei modi ed è stata sempre pronta a collaborare con la produzione.

Che ricordi ti ha lasciato questa terra?

Sono rimasta incantata da questa terra. Appena ho l’occasione, ritorno in questa zona. Non ha nulla da invidiare ad altre località. Ha tutte le carte in regola: dal cibo alla cultura. Il Cilento è una piccola culla di cultura. Credo che sia una terra bellissima.

Nei mesi scorsi hai girato il film La sabbia negli occhi di Alessandro Zizzo che affronta il tema di una malattia come la sindrome di Sjögren.

Mi sembrava giusto, attraverso questo progetto, raccontare questa dolorosa realtà. La sindrome di Sjögren è una malattia invalidante molto rara, colpisce pochissime persone al mondo e per questo non viene ancora finanziata una ricerca specifica su questa malattia. Con questo progetto si tenta di dar voce a queste persone che non vengono ascoltate e sono costrette a pagarsi quei farmaci che servono poi solo a limitare i sintomi di questa terribile malattia.

Come sei riuscita ad entrare nei panni di Beatrice, affetta da questa malattia?

Questo progetto è stato molto impegnativo. Prima di girare, ho incontrato una persona affetta da questa malattia: Lucia Marotta, che ha prodotto questo film. Lucia mi ha molto aiutata, mi sono confrontata con lei proprio perchè sentivo la responsabilità di questo ruolo. Ci vuole rispetto e grande responsabilità per calarsi nei panni di chi, ogni giorno, vive questa realtà. Poi, con Patrizia de Santis, la mia insegnante di recitazione, ho preparato questo personaggio. Il lavoro con Patrizia è stato straordinario perché abbiamo analizzato e ricercato quegli aspetti del carattere di Beatrice che la rendevano una donna, combattiva, vincente e dunque in grado di donare al pubblico la speranza di un cambiamento, di una rivincita.

Come alimenti la tua passione per la recitazione e come riesci a immergerti nei personaggi che interpreti?

Tutto ciò che hai dentro e che riguarda il tuo background, i tuoi traumi, le tue emozioni deve essere usato per un fine più grande: lanciare dei messaggi di speranza al pubblico. Questa è la soddisfazione più grande quando mi immergo nei personaggi che interpreto. Quando posso e ho occasione frequento la scuola Ht Studio de Santis di Roma, diretta da Patrizia de Santis, la prima insegnante di ‘Tecnica Chubbuck’ in Italia e seguo le sue Masterclass bilingue in italiano e inglese. Trovo che questa tecnica di recitazione doni un modo di approcciarsi ai personaggi rivoluzionario. Spinge l’attore a mettere al centro della sua interpretazione non il dolore, ma la sua personale reazione a quel dolore. Porta l’attore ad affrontare la sofferenza, i limiti, e gli ostacoli per superarli e vincere insieme al personaggio.Il dolore smette di essere un limite per diventare risorsa e dunque speranza di cambiamento. Questo è il lavoro che la mia Acting Coach Patrizia de Santis riesce a fare su di te perchè si dedica completamente alla tua persona, al tuo personale vissuto, spingendoti e aiutandoti ad usarlo nella tua interpretazione, è un bellissimo scambio sia tecnico che umano.

C’è mai stato un momento in cui Valentina Corti si è detta: che fatica fare questo mestiere?

Questo è un mestiere strano, è un mestiere che malgrado tutto considero un meraviglioso privilegio. Chi fa questo lavoro, lo fa per passione, solo la passione ti può dare quella determinazione, quella costanza e quell’ostinazione  indispensabile per superare la fatica, le difficoltà e le delusioni. Alle volte per esempio devi accettare che un determinato ruolo non fa per te, ed è dura. La passione ti spinge alla continua ricerca del ruolo giusto e di  quell’occasione di donarti tramite i personaggi che interpreti.

Cosa ti fa sentire grata di essere attrice?

Quando riesci a comunicare al pubblico messaggi di speranza e cambiamento. Quando le persone ti fermano per strada, ti ringraziano e ti dicono: mi è piaciuto il tuo personaggio perchè mi hai fatto riflettere su una dinamica della mia vita. Allora lì, senti  che stai facendo ciò che è giusto  malgrado tutte le tue difficoltà, i tuoi dubbi e le tue incertezze

C’è ancora tanto squilibro tra gli uomini e le donne, cosa pensi sia necessario cambiare?

Le donne, in tutti i campi, fanno sempre più fatica e guadagnano di meno. In Italia, le donne non sono sufficientemente tutelate. Per esempio? Quando una donna decide di avere un figlio si trova a fare una  scelta fra lavoro o famiglia. In altri paesi europei esistono maggiori tutele per le donne

Oggi è la Festa della Mamma. Quale è il rapporto con tua madre?

Mia madre ha vissuto tante vite.. Ho un bellissimo rapporto con lei, siamo sempre state complici. Lei è un po’ la fautrice della mia carriera. Un giorno mi ha detto: perchè non ci provi? E così mi  accompagnava ai provini. Ricordo che ci teneva tanto, aspettava ore ed ore in macchina con il freddo e con il caldo. Mia madre è stata la mia compagna di avventura. Lei mi ha fatto sentire sempre tutelata. Credo che sia stata ed è una grande mamma.

Pochi giorni fa, hai partecipato ad un evento organizzato da Doppia Difesa per la tutela delle donne contro la violenza e il femminicidio. Come pensi debbano agire le donne di fronte a questo problema?

La violenza psicologica e fisica che le donne subiscono, soprattutto in casa, è un fenomeno di cui si deve parlare perchè va affrontato e combattuto. Credo sia importante dare degli strumenti giusti alle donne in difficoltà. Molto spesso le donne abusate hanno vergogna e timore di parlarne, per questo è indispensabile farle sentire tutelate affinchè possano trovare la forza di denunciare queste violenze.

Su Anna Chiara Delle Donne

Redattrice

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