Pop-Art

La pop-art a Casagiove

Pop-ArtIl termine “Pop Art“, fu coniato nel 1955 da due studiosi inglesi, Leslie Fiedler e Reyner Banham,  per disegnare l’universo dei mass – media, o meglio delle forme visive e musicali a essi collegate: dal cartellone pubblicitario alla televisione,  dal cinema stesso alla musica leggera, dai rotocalchi ai fumetti, dalla moda alla confezione delle merci di consumo.

All’inizio degli anni Sessanta il critico americano Lawrence Alloway  adottò  l’espressione “Pop Art” attraverso un nuovo significato artistico,  definendo il termine “Pop-Art” sigla di un nuovo movimento d’avanguardia le cui manifestazioni, pur attenendosi al livello “colto dell’arte,” operavano attraverso un inedito scambio con i mass-media, ovvero  con la Pop Art quale era stata intesa da Fiedler e Banham .

Il segno che ha lasciato la pop, ovvero la “popular art”, nella cultura attuale, è tuttora  profondo.  Ancora oggi una parte significativa della produzione artistica è riconducibile o addirittura legata alla “pop”.  La Pop-Art è un modo di amare tutte le cose, rappresenta il vero  popolare, l’artista è una persona che produce cose di cui la gente non ha bisogno, ma che lui, per qualche ragione, pensa sia una cosa buona. Fortemente determinata dall’immaginario rimane sempre legata prima ai mass media e ora ai social network, regna in tv come nella cartellonistica pubblicitaria, fino ad arrivare alla Rete digitale che ha progressivamente invaso i monitor dei computer fino a colonizzare i display degli smartphone .

Anche  in Terra di Lavoro abbiamo una sorta di continua rigenerazione . E’ la pop che si rigenera, ha i suoi riferimenti storici e i suoi più giovani discendenti.  Di  generazione in generazione il sacro fuoco popolare si alimenta.
In una possibile geologia pop casertana Bruno Donzelli è un antenato partenopeo. Tiene nel 1964 una personale nella Galleria “il Centro di Napoli”, dove espongono nello stesso anno Guido Biasi e Sergio Fregola.  Donzelli coltiva una stretta amicizia con loro, così come Lucio Del Pezzo, venendo a contatto con alcuni dei protagonisti del Gruppo 58. Nella seconda metà  degli anni 70 tiene una personale a Caserta presso Linea continua. Il suo vero lavoro espositivo inizierà con la collaborazione con lo Studio Oggetto.

All’inizio degli anni Settanta per un percorso parallelo l’antenato casertano Giovanni Tariello stringe un rapporto con Luca,  il teorico del Gruppo 58. Da lui assorbe la necessità di coniugare l’arte popolare con l’impegno sociale, che secondo Luca avrebbe dovuto generare una pittura di propaganda definita con un gioco di parole “Pop Art”. Tariello però non soggiace al “propagandismo ” e sviluppa fortemente un’arte nel sociale, che ha comunque un’autentica connotazione pop. Da questi due antenati discendono in chiave pop alcuni dei più validi esponenti delle ultime generazioni di Terra di Lavoro.
Questa rigenerazione pop comprende il gioco pittorico di Gennaro Caiazza, sui ritratti pellicolari di Giovanni Esposito, sulle derive cromatiche delle foto di Giulio Festa, sui pixel non digitali di Luca Lubello, sui paesaggi architettonici di Andrea Santacroce, sul superficialismo materico di Giuseppe Vaccaro .
Tutto ciò avviene nel Quartiere Militare Borbonico di Casagiove, dal 2 al 7 settembre 2014, nell’altra Reggia,  luogo dell’accoglienza, costruito dal re a pochi passi dal monumento vanvitelliano per renderlo il ricovero dei lavoratori e degli ammalati. Almeno cosi narrano alcune leggende metropolitane tramandate da una cultura popolare, è questa  la “pop storia” che Casagiove gelosamente conserva.

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Redazione Giornalistica