Augusto Tirelli
Augusto Tirelli al montaggio

Augusto Tirelli, sceneggiatore del corto “Caffè Corretto”

Incontriamo Augusto Tirelli, classe 1992, sceneggiatore del cortometraggio che vi abbiamo presentato la scorsa settimana, “Caffè Corretto”. Affrontiamo, in questa intervista, i suoi inizi, la sua passione per la sceneggiatura. Augusto ritiene di essere un giovane artigiano e, personalmente, gli auguriamo ogni successo possibile.

Augusto Tirelli
Augusto Tirelli al montaggio

Ti ringraziamo per essere con noi, Augusto Tirelli. Come stai e come affronti questo strano periodo legato alla pandemia?

Per fortuna tutto bene! Sotto alcuni punti di vista, non è cambiato molto. Ho continuato a lavorare, anche durante il primissimo periodo legato alla pandemia. Certo, alla lunga, fare solo casa-lavoro risultava logorante. Mi ritengo comunque fortunato, rispetto a molti altri.

A cosa devi la tua passione per il cinema?

Ho in primis una passione per le storie, per il racconto, quello del cinema è solo il linguaggio che più mi si “adatta”, giusto per usare un termine improprio. Devo molto a mio padre, che fin da piccolo mi ha trasmesso l’amore per il racconto.

Durante il tuo percorso artistico, hai avuto dei modelli di riferimento?

Non ho una formazione specifica, risulta quindi difficile cercare dei modelli di riferimento. Posso dire di avere dei modelli “liquidi”, che variano da medium a medium. Ad esempio, per la mia formazione ha avuto uguale importanza tanto un regista come Ridley Scott quanto un autore come Frank Miller. Tendo a cercare quello che mi piace e provo a metterlo insieme.

Caffè Corretto - LA Film Festival

Parlaci di “Caffè Corretto” e di come ha avuto vita questo progetto.

Ero in un periodo un po’ confuso della mia vita, non sapevo cosa fare nell’immediato futuro. Ho ricominciato a scrivere, cercando di dare un senso a tutto ed ho così avuto la fortuna di conoscere delle persone che lavorano in questo campo. Da lì è stato naturale mettere a sistema il tutto e scrivere una storia che potesse essere girata con mezzi limitati.

Cosa ha significato essere implicato in questo progetto?

Mi piace l’idea di ideare un progetto e portarlo poi avanti, mantenendo un controllo; per questo la doppia “veste” risulta abbastanza naturale. Non avrei mai potuto pensare di scrivere un lavoro del genere e non averlo poi sotto controllo.

Un bilancio di questa tua prima esperienza sul set?

Molto molto positiva. Il set è un luogo caotico, dinamico e vitale, in cui è molto difficile annoiarsi. Ho avuto la fortuna di avere accanto professionisti del calibro di Marco Castaldi, che mi ha preso in custodia, insegnandomi tanto su come si lavora in questo mondo. Se adesso sono in grado di poter organizzare qualcosa per conto mio lo devo sicuramente a lui.

Il lockdown ha comportato la chiusura di cinema e teatri. Qual’è la tua idea a riguardo?

Non sento di potermi esprimere sul teatro. A prima vista le dinamiche possono sembrare simili a quelle di una sala cinematografica ma, non lo sono affatto. Per quanto riguarda la sala, il discorso è diverso. Può sopravvivere ma, affinché accada, deve trasformarsi. Non si può biasimare il consumatore medio che preferisce la comodità dello streaming rispetto all’andare in sale molto spesso inadeguate, vecchie o non accoglienti, con il biglietto che spesso costa uno sproposito. La sala deve diventare altro, in primis un luogo accogliente, in cui si venga educati al cinema.

Progetti futuri?

Al momento sto seguendo la distribuzione del corto. Continuo a scrivere, qualcosa uscirà fuori!

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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