Dal 25 febbraio al 8 marzo 2019 Settimana della Cultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria a cura di Filippo Malice nei giorni 2 e 3 marzo si è tenuta la perfomance dell’artista napoletano Giacomo Montanaro.
Come dice Giovanni Cardone: “L’Arte può e deve far fronte alle necessità socio-politiche e alle questioni etiche con temi e linguaggi diversi. Pena la perdita di identità degli artisti stessi che renderebbe il proprio lavoro inefficace ed inutilmente omologato ad una globalità che tende ad appiattire qualsiasi forma di espressione e di comunicazione.
Uno smarrimento necessario, quindi. Un distacco da quell’immagine patinata davanti alla quale è comodo incontrarsi, salvo poi risvegli in una realtà maleodorante, difficile, ignorante delle sue potenzialità, anzi non le coltiva, perché Napoli non è più la città dell’arte, dove l’artista ha bisogno di confronti continui.
Uno di questi è Giacomo Montanaro artista unico nel suo genere, dove la non “pittura” ma un arte nuova che si affaccia sul panorama napoletano che non riesce ad emergere in una città borghese e “antica”, e che non trova la una sua identità. Diceva Jackson Pollock: “La mia è una pittura diretta. Il metodo di questa pittura è la crescita naturale di un bisogno. Quello che mi preme è esprimere le mie sensazioni piuttosto che descriverle. La tecnica non è che un mezzo per arrivare a queste espressioni..”
Da questa ambia descrizione si deduce che il Montanaro sia il perfezionamento dell’Action Painting ovvero: (pittura d’azione, pittura gestuale), essa è una pittura libera, spontanea, nella quale tutto il corpo dell’artista viene coinvolto nella realizzazione dell’opera e quello che capita con il Montanaro il quale però lo fa con una tecnica diversa usando gli acidi dove l’esecuzione è affidata non solo alla gestualità del braccio, ma una vera è propria azione scenica, dove l’arte si unisce alla drammatizzazione del corpo dell’artista il quale con spruzzi di acido, ecco in un attimo prendere forma, non sulla “tela”, ma sulla carta fotografica dove le forme che ne conseguono configurano immagine caotiche, che però danno vita all’immagine visiva di ciò che l’artista voleva esprimere attraverso la sua creatività, ma la magia diventa unica quando anche lo spettatore vede qualcosa di suo, essendo il suddetto entrato in osmosi con “l’arte nuova”.
All’occhio dello spettatore profano sembra un intreccio irrazionale ed informale, frutto di un lavoro mentale e gestuale unico al mondo, le motivazioni sono nascoste non solo nell’inconscio dell’artista, ma anche di chi guarda e quindi in quel momento che l’arte diventa espressione di un soggettivismo esasperato, grazie all’azione automatica dell’inconscio, dove la carta fotografica diventa il tramite fra materia e l’inconscio dell’artista, e quello che capita al Montanaro dopo aver eseguito una sua performance.”