Mimmo Politanò: dalla Calabria alla conquista delle arti
Dieci domande e mezza a Mimmo Politanò, che racconta la sua storia ed il rapporto i suoi “artisti” di musica, vita e… calcio.
Parliamo di un protagonista della musica, della pittura e della scrittura e una volta anche del futebol (in portoghese), Mimmo Politanò. Ci abbiamo messo anche il calcio, perché quando vuole diventa pure arte.
Calabrese per natura, Argentino per storia personale: Mimmo Politanò cantante, autore di testi, ha dipinto, ha scritto libri e amato la vita ricambiata dalla stessa con passione ed amore ed ora si racconta in 10 domande e mezza.
Benvenuto sul quotidiano La Gazzetta dello Spettacolo a Mimmo Politanò. Partiamo subito con una citazione di Franco Battiato (1980), “La musica contemporanea mi butta giù” sei d’accordo?
Franco è mio fratello iniziatico… la penso come lui.
E’ vero che chiederti a quale brano musicale sei più affezionato è come chiederti “vuoi più bene a mamma o a papà” insomma ci diresti a quale pezzo sei più legato? E perché?
Sono legato a “Due amanti” scritta nel 1977 perché con essa ho poi vinto il Premio della Critica e della Stampa Italiana come migliore autore di parole d’Italia, al Marabù di Reggio Emilia, Rai2, organizzato da Gianni Ravera sfidando i numeri 1 di allora.
Il futuro della musica sarà indipendente dall’utilizzo della intelligenza artificiale?
Purtroppo no! I mediocri e coloro i quali non hanno talento si rivolgeranno ad essa. Invece coloro i quali ne sono dotati, non si sentiranno mai inferiori a nessuno; tantomeno alla I.A. che in sostanza è un meccanismo che si alimenta del plagio di tutti i migliori artisti del mondo. La odio.
Un consiglio per un giovane musicista cantautore?
Studiare musica e possibilmente laurearsi in letteratura.
Sei Elwood uno dei Blues Brothers e sta andando a prendere fuori dal penitenziario tuo fratello Joliet Jake con quale automobile vai ad aspettarlo? Quanto hai amato quel film?
Non li amo per niente. Non li ho mai visti. I miei miti sono autori del calibro di: Freud, Jung, Fromm, Voltaire, Borges e l’attore e regista Argentino, fratello mio, Leonardo Favio e poi i miei fratelli Aspromontani non vestivano di nero.
Sei a cena con Domenico Modugno cosa gli chiedi?
Mimmo, che cosa hai visto in me, per farmi fare tutte le traduzioni in spagnolo dei tuoi pezzi, per farti curare la pronuncia e darmi l’onore di avere il tuo numero telefonico di casa sull’Appia permettendomi di entrare in collaborazione con te, quando avevo appena venti anni?
Le tue sensazioni più profonde quando dipingi, le sensazioni che senti con il pennello tra le mani e quelle che provi quando impasti e misceli la materia.
Le mie sensazioni sono libere di fluttuare in una dimensione di “nontempononspazioeterno“. Quando miscelo i colori, la mia mente vola ai grandi della storia della pittura e mi sento piccolo e mai all’altezza dinanzi a loro.
Sei Ministro della Cultura i primi provvedimenti che prendi sono?
Cambierei ipso facto i contenuti da insegnare. Insegnerei il senso della vera libertà e della vera giustizia e lascerei che ognuno prenda la propria identità sessuale senza essere influenzato o indotto da nessun mecenate filantropo o semplicemente figlio di madre meretrice, frustrato e assassino a imporre l’identità
Se tu fossi un regista gireresti un film sulla vita di?
Sulla mia vita, per mostrare al mondo come si può superare ogni dolore, povertà, fame e vivere con dignità senza sentirsi onnipotenti.
Domanda numero 10 come la maglia di Maradona, come descriveresti la poesia di Diego Armando?
Fummo insieme a mio fratello i suoi primi amici in Italia. La sua poesia l’ho descritta in una canzone “Dieguito” prima canzone della storia dedicata a Maradona e sigla nel 1986 di “Mundialissima show” durante “El mundial de Mexico”. Diego era del potrero e fu ucciso da gente che con il potrero non aveva nulla a che vedere. Diego non solo era poeta de la pelota de goma y de cuero, ma era poeta dei contenuti linguistici pur se non era molto istruito. Lui sì che poteva dire “Ho la laurea della strada” . Diego è stato un uomo libero, caduto per troppa bontà nelle mani di carnefici assassini. Ancora piango per lui.
Hai mai avuto paura di battere quel rigore?
Mai! Vengo da Rosario di Santa Fè (i migliori siamo di lì) e giocavo nel Newell’s old boys. Lasciai il calcio perché nella mia epoca le donne andavano a vedere i concerti e s’innamoravano dei cantautori. Capito mi hai?
Sicuramente sarà capitato a tutti di battere quel calcio di rigore e mentre sorridendo ci state ripensando, vogliamo ringraziare Mimmo Politanò per essere stato in nostra compagnia, lo aspettiamo con affetto e simpatia di nuovo in onda sempre con la stessa carica entusiastica che lo contraddistingue e ci rivediamo ancora qui tra le pagine di questo giornale che è da spettacolo anzi di più.