Circo De Los Horrores, la recensione

Circo De los Horrores

Il Circo de Los Horrores: in un’atmosfera gotica surreale agli albori del XIX sec. in un palco cimitero, con teschi di shakespeariana memoria, ha inizio uno show peculiare, ove personaggi con una forte caratterizzazione da incubo si aggirano in sala a seminare il panico tra i presenti: il pagliaccio assassino, la sposa morta, la suora omicida, belzebù, il pazzo con la motosega, che si aggira tra gli spalti forsennato.

Lo spettacolo viene magistralmente condotto da Jesus Cesar Silva Gonzales, nei panni di Suso Clown, che rappresenta l’unico mortale all’interno del Circo de Los Horrores, il quale intrattiene il pubblico con battute sagaci ed un po’ osé, seguono nel vivo numeri circensi da brivido, primo fra tutti quello di una splendida acrobata che esegue gli esercizi in sospensione con le corde in tensione al collo.

Il pubblico è rapito sin da subito ed è chiaro che trattasi di ben più che di uno spettacolo circense classico, bensì di un teatro “vivente” ad alto tasso di pathos, che si distingue per costumi credibilissimi, scenografia sapiente e luci ad hoc, trucchi perfetti, ed un copione modulato e diretto con tecniche di teatro e cabaret , con riferimenti letterali e cinematografici immemori: in primis il Nosferatu di Burnau, che costituisce poi il tema conduttore della storia, poi “ Le bambine dell’esorcista”, bambine possedute che di notte si svegliano e danno inizio ad un contorsionismo sfrenato, che le fa assumere pose al limite del possibile, una perfetta e commovente interpretazione de “La danza dei vampiri” di Roman Polansky ove le anime perdute, fantasmagoriche creature degli inferi, visibili solo nelle notti più buie, in un palco estremamente buio, perchè anche il buio da luce e presenza a queste creature, intrappolate in una dimensione onirica, sulle note musicali, anelano leggere alla vita ed ipnotizzano con grande fascino.

In particolare Nosferatu, anfitrione e cerimoniere dello spettacolo, rappresenta una perfetta copia dell’originale, una maschera di grande impatto visivo, verosimile grazie ad un sapiente trucco ed a giochi scenici, faccia a faccia col pubblico.

I numeri sono cadenzati in una sequenza ragionata, ove al tema del brivido, vengono sapientemente accostati spazi di cabaret, con coinvolgimento diretto degli spettatori, per un ironico intrattenimento, anche a rischio di perdere un pochino di purezza scenica.

Una menzione in questo originalissimo contesto, degno del Circo Du soleil, va fatta per la scelta delle musiche, come le melodie di Damian, le musiche di Mike Oldfield, i Carmina Burana, ed il walzer istrionico de “L’uomo Elefante”, che contribuiscono a rendere l’atmosfera estremamente noir e sensuale.
Lo show trasuda passione, sensualità, ironia, un po’ di sano cinismo e grande bravura degli artisti, di tutti nessun escluso.

Il tutto è posto in scena con gusto e sensibilità artistica non comuni, basti pensare che le scene si aprono e si chiudono visivamente nello stesso modo con estrema leggiadria e naturalezza, per cui lo spettacolo non mira a suscitare il brivido o la paura in se per se’, ma a rievocare in ognuno le proprie angosce latenti. Perchè non c’è paura più intensa di quella che non si vede, ma si intuisce, la tensione narrativa è degna di Edgard Allan Poe.
Dopo questo successo di critica e di pubblico, portato in scena da diversi anni, aspettiamo con ansia il nuovo progetto di Gonzàlez “Il manicomio degli orrori”, spettacolo concepito come una terapia di gruppo…dove diventeranno reali fantasie e paure.

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Redazione Giornalistica